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Non so dire di no, mi sacrifico e odio dare problemi

Mi capita spesso di sentire in terapia frasi come: “Mi adatto a tutto, non mi piace creare problemi”, “Non so perché, ma non riesco proprio a dire di no”, “Sono molto indipendente”, “Sono sempre disponibile per tutti”, “Mi sacrifico per le persone a cui voglio bene”.


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Se si tratta di relazioni amorose e magari in crisi le frasi sono: “Mi adatto a tutto, invece lui/lei no”, “Non mi andava di farlo, ma non sono riuscito/riuscita a dire di no”, “Sono molto indipendente e anche quando avrei tanto bisogno di aiuto non riesco a chiederlo”, “Mi sacrifico ma lui/lei non fa lo stesso; do più amore di quanto ne ricevo”.


Sembra inspiegabile eppure qualche spiegazione c'è.



Vi racconto due storie:

Matilde


MATILDE
MATILDE

Lei si chiama Matilde (nome di fantasia), ha 30 anni, una relazione stabile, un buon lavoro ed entra nel mio studio per un'ansietta, appena percepita. Invece poi scopriamo che c'è un'ansia per tutto e di tutto. C'è un mostro lì fuori pronto a prenderla; non sa dov'è, ora si nasconde ma lei sa che prima o poi spunterà. Maledetta subdola ansia! Sento la sua storia e viene fuori questa parte che lei definisce essere 'il suo carattere':

sono fatta così, proprio non ce la faccio a dire di no..

La domanda malefica che ogni terapeuta fa a questo punto è:


..ma perché lo fai???


Matilde non sa assolutamente rispondermi, non si è mai fatta questa domanda prima e credeva, in tutta onestà, che fosse una domanda inutile perchè “io sono fatta così. Non c'è altro da aggiungere.


Ma alla fine della terapia le risposte le ha trovate, con fatica, lacrime e sudore.



Matteo

MATTEO
MATTEO

Lui è Matteo (nome di fantasia).

Matteo attualmente ha 35 anni, vive nel suo paese d'origine non distante dalla sua famiglia, un paese di 10 000 abitanti da cui vorrebbe scappare. E' un medico e viene da me perchè la fidanzata lo lascia (e non è la prima). Non capisce perchè e vuole riconquistarla. E' infelice. Cosa lo rende così infelice?


tutto!!






La piramide di Maslow


Piccolo passo indietro. Lo spiegone!

Questa è la piramide di Maslow:


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Immagina questa piramide come una scala di bisogni umani, partendo da quelli più fondamentali in basso e arrivando a quelli più elevati, legati alla realizzazione di sé. È un modello molto utile per comprendere cosa ci spinge a comportarci in determinati modi e come possiamo lavorare su noi stessi per migliorare il nostro benessere.


  1. Alla base della piramide troviamo i bisogni fisiologici, come il cibo, l’acqua, il sonno e la respirazione. Sono essenziali per la sopravvivenza, quindi sono i primi a dover essere soddisfatti.

  2. Sopra di essi ci sono i bisogni di sicurezza, che riguardano la stabilità, la protezione da pericoli, un ambiente sicuro e un lavoro stabile. Quando questi sono soddisfatti, ci sentiamo più tranquilli e sereni.

  3. Poi ci sono i bisogni di appartenenza e di amore, che includono amicizia, relazioni affettive, sentirsi parte di un gruppo. Sono fondamentali per il nostro senso di connessione e di essere accettati.

  4. Al quarto livello troviamo i bisogni di stima, che riguardano il rispetto di sé e degli altri, il riconoscimento, la fiducia in sé stessi e il rispetto sociale. Sentirsi stimati aiuta a rafforzare l’autostima e la fiducia nelle proprie capacità.

  5. Infine, in cima alla piramide, ci sono i bisogni di autorealizzazione. Questo è il desiderio di sviluppare al massimo le proprie potenzialità, di crescere, di essere creativi e di trovare un senso profondo alla propria vita. È il livello più elevato, che si raggiunge quando gli altri bisogni sono stati soddisfatti e si ha la possibilità di realizzare sé stessi.

Questa piramide non è sempre lineare: a volte, in momenti difficili, possiamo dover riconsiderare alcuni bisogni o concentrarci su quelli più urgenti. Tuttavia, lavorare su questi livelli può aiutarci a sentirci più equilibrati e soddisfatti.



Le valide ragioni di Matilde


Nel caso di Matilde l'intoppo era nato nel secondo livello: il bisogno di sicurezza.

Sottovaluta il potere della sua mente, sottovaluta l'impatto della sua storia nel suo percorso di crescita. Una mente brillante che ha saputo adattarsi ad un contesto.


Matilde ha imparato a scomparire per non disturbare, soprattutto per non disturbare mamma, per non darle nuove preoccupazioni, per farla stare meglio. Popolava la quotidianità della mamma di momenti felici solo per farla ritornare a sorridere. Quel sorriso calmava la sua ansia e la sua enorme paura che qualcosa di brutto potesse succedere a sé e alla sua famiglia. Quel sorriso era il senso della sua esistenza, e anche se molte cose (come tutti i bambini di questo mondo) non aveva voglia di farle, non si tirava mai indietro; se i fratellini erano in un guaio era lei che provvedeva nascondendo il tutto alla mamma, non le dava mai problemi, si sacrificava per la famiglia, non diceva mai no, e questo ha continuato a fare per tutta la vita, anche quando la mamma la depressione non ce l'aveva più, anche quando non c'erano più pericoli all'orizzonte, anche quando Matilde ha iniziato ad avere una vita tutta sua.


Le valide ragioni di Matteo


Nel caso di Matteo l'intoppo era nato nel quarto livello: il bisogno di stima.

Matteo cresce in un ambiente benestante, figlio unico di due rinomati medici. Vivono in un paesino e tutti conoscono la sua famiglia. Mi dice: “Non c'è niente di rilevante da sapere rispetto al mio passato; la mia infanzia è stata felice, sono stato un bambino viziato e, perciò, fortunato. Ho sempre avuto amici che mi stimassero, sono sempre andato bene a scuola, a calcio ero il migliore. Il calcio mi piaceva.


Matteo ha imparato a cercare l'approvazione degli altri per sentirsi valido e amato. Ma perché? Questo ragazzo sembra avere tutte le carte in regola per condurre una vita appagante e felice; ha un buon lavoro, è di bell'aspetto, una bella famiglia che per lui è sempre stata un pilastro fondamentale, una buona vita sociale, per cui perchè è così infelice? Dietro questa apparente perfezione c'è il dolore di un bambino che aveva delle passioni, ma che purtroppo non coincidevano con gli alti standard dei genitori. Il calcio non era abbastanza per il loro bambino, nè la chitarra, nè la figlia del vicino con una famiglia sgangherata. Matteo ha imparato sin da piccolo che l’amore doveva guadagnarselo, non era incondizionato, che le sue passioni erano inutili e che la compiacenza era utile. Viene fuori che lui non sa dire di no ai genitori; ci ha provato più volte da bambino finché non si è arreso e ha deciso di semplificarsi la vita e 'scegliere' quello che in realtà i genitori avevano già scelto per lui. I genitori sono sempre stati estremamente esigenti; svalutavano o peggio ignoravano i suoi bisogni, la sua curiosità, la sua voglia di sperimentare e sperimentarsi in altre attività. Niente era abbastanza per loro, se non la loro stessa professione o la ragazza con un determinato status socio-economico. E non servivano parole ai suoi genitori per esprimere la loro disapprovazione: bastava uno sguardo, lo sguardo con un sopracciglio alzato, la fronte corrugata e la smorfia quasi di disgusto sulle labbra per fargli capire che quella non era la scelta giusta. Uno sguardo intollerabile per Matteo.

Quando impari che “essere un bravo figlio” significa ignorare i tuoi bisogni per mantenere la pace o essere accettato, stabilire dei limiti ti sembrerà una minaccia, non un atto di cura verso te stesso. E, di fronte alla sua infelicità e perenne insoddisfazione, alla sua difficoltà nel prendere delle vere decisioni, le sue donne puntualmente scappavano.


Tiriamo le somme


Queste sono solo due valide ragioni con cui possiamo spiegare il fenomeno.

Scomparire per non disturbare, cercare l'approvazione degli altri per sentirsi valido e amato,

non esprimere i propri bisogni per paura della sofferenza propria o dell'altro, essere indipendenti per non andare incontro alla delusione, all'aspettativa disillusa. Imparare che i tuoi 'no' feriscono e ti rendono una brutta persona e i tuoi bisogni ti rendono un peso per gli altri e per questo ti senti terribilmente in colpa. Imparare che sacrificarsi e compiacere gli altri è utile a mantenere la pace e ad evitare discussioni.


In realtà mettere confini non è egoismo, è auto conservazione. È un modo per dire “Io conto quanto gli altri”. Il disagio iniziale e il senso di colpa che arriverà è il segno che stai riscrivendo copioni antichi. E ogni volta che scegli te stesso stai guarendo!



Hai mai sentito senso di colpa per aver detto “NO”?


Raccontamelo nei commenti o in chat privata!




Con la terapia possiamo fermare questa insidiosa sofferenza.


Se sei in questa situazione consulta uno specialista e ricorda:

LA TUA SALUTE MENTALE E' UNA PRIORITA'


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